Era da qualche giorno che avevo in mente di scrivere un post molto stupido sui problemi causati ai ciclisti dai pedoni in risposta ai molti post stupidi che circolano ultimamente sui problemi causati ai pedoni dai ciclisti. L’idea era raccontare delle coppiette che camminano mano nella mano lungo le piste ciclabili (farsa) di Milano, dei proprietari di cani e dei loro guinzagli allungabili, di quelli che camminano zigzagando nelle zone ciclopedonali e varie altre idiozie del genere. Perché son cose che succedono, ma – appunto – rispetto al tema vero sono delle sciocchezze. E il tema vero, l’unico dato incontrovertibile sul quale i professionisti dei socialsalotti poi non sanno più che cosa dire (se non, così a caso, prendersela con quelli che hanno una scatto fisso perché sono antipatici e arroganti
) è che ogni anno muoiono in Italia migliaia di pedoni e di ciclisti a causa delle automobili.
I numeri cercateveli, così magari dedicate tempo utile a conoscere le cose delle quali parlate a vanvera.
Il più indisciplinato dei ciclisti è infiniti ordini di grandezza meno pericoloso del più disciplinato degli automobilisti e per ragioni molto semplici, che tutti dovrebbero essere in grado di capire: le macchine pesano molto, molto, molto più delle biciclette (e dei pedoni, ovviamente) e vanno molto, molto, molto più veloci. A volte entro il (folle) limite urbano dei 50 km all’ora, molto più spesso ben oltre tale soglia. E quando guidi un mezzo così oggettivamente pericoloso basta una minima distrazione e diventi un potenziale omicida.
Insomma, volevo scrivere questa cosa anche un po’ leggera e scherzosa, che magari mi avrebbe fatto passare la voglia di manifestare una serie di vaffanculo che mi ronzano per la testa pensando a cose che ho letto in questi giorni, poi mi è passata la voglia del post stupido. Perché ieri a Roma è stata assassinata una ragazza di ventidue anni, travolta da una Smart che è passata col rosso viaggiando a oltre 70 km all’ora. Io non riesco ad accanirmi sulla poveretta che l’ha ammazzata perché resterà segnata per sempre da quel che è successo. Perché il problema, e qui sta l’altro gigantesco errore che fanno i professionisti dei socialsalotti di cui sopra, non è in chi guida, o – almeno – non solo. Il problema è che quel mezzo a quelle velocità e con l’attuale assenza di cultura della mobilità responsabile è un mezzo pericoloso a prescindere. Perché basta che butti l’occhio qualche secondo sul cellulare che suona e addio.
Mi è passata la voglia perché ho pensato ad Alice, ai suoi vent’anni, ho ripensato a Giacomo, ai suoi 12 anni, e agli altri 25-30 – non so esattamente – che sono già morti quest’anno. E pensando a loro mi sono visto passare davanti le frasi di chi si lamenta perché un ciclista gli ha suonato il campanello sul marciapiede o è irritato dall’arroganza delle scatto fisso o si è preso uno spavento perché è stato sfiorato da una bicicletta. Ma ci siete? Siete qui con noi? Avete un minimo senso della realtà?
Quella per fermare la strage è una battaglia che dobbiamo fare tutti insieme, noi che siamo utenti leggeri (qualcuno dice deboli, ma a me non piace) delle strade delle città. Quella per rendere Milano immensamente più bella e libera e felice è una battaglia che non deve prevedere se ma forse però e altre cazzate del genere. Perché, guardate, i numeri sono quelli: il prossimo morto è dietro l’angolo. E di sicuro non voglio essere io, mi dispiace se vi sembrerò arrogante per questo.
Quindi, basta stupidaggini, basta penosi distinguo. C’è una campagna in corso che chiede sicurezza per i ciclisti e le utenze leggere delle strade: abbracciatela, aderite, partecipate, integratela. Fatela vostra.